venerdì 5 dicembre 2008

La maledizione (letteraria) di Casole: appunti di un lettore professionista

Captatio: il post qui sotto è composto da 1937 parole e da 12.000 caratteri: per leggerlo ci vogliono circa otto minuti.
Poi potreste tornare indietro e guardare le foto...che le ho scelte e commentate per voi.
Magari, senza impegno, potreste lasciare pure un commento, uno qualsiasi, altrimenti che gusto c'è?

Lettura ed azione
Lettura ed azione

Riassunto
Questa storia illustra come la lettura, porti inesorabilmente all’azione.
Questa storia riferisce di quando mi spacciai per docente universitario semplicemente indossando una cravatta.
Questa storia narra di come mi introdussi in una biblioteca torinese riuscendo, di soppiatto, a scattare alcune foto ad antichi tomi.
Questa storia racconta anche, della necessità di confrontarsi sulle cose che non si capiscono.
Questa storia tratta di come, pur non essendo poeta, ho mandato al diavolo “…le assenze anche,/i passeri di tristezza, i rapimenti/ i pendoli fermi, i voli mozzi, i sigilli/ le care figure accostate al silenzio/ gli addentellati, i germogli, gli abbagli…/al diavolo, al diavolo…”

Avvertenza: il testo che segue è stato scritto in un momento in cui, il sottoscritto scrivente, si trovava in un avanzato stato di “Dikoglionimento”.
Il concetto di Dickoglionimento (formalizzato per la prima volta da J. Lethem), produce una percezione alterata che induce alla “sinestesia letteraria”: i generi, gli autori, i libri, i romanzi, i saggi, si fondono in un unico continuum e cominciano a dialogare tra di loro.
(Ehem! Il concetto di “sinestesia letteraria” l'ho appena inventato...inutile cercarlo su wikipedia).
Nel mio caso, il “Dickoglionimento”, è addirittura di secondo grado (quello di J. Lethem è solo di primo grado) essendo le mie percezioni alterate da una eccessiva esposizione sia a Philip Dick che a Moby Dick.
Mi rendo perfettamente conto di quanto possa essere difficile seguire i pensieri di un Dickoglionito:
correrò coscientemente il rischio di trasformare un testo scritto in un “minestrone” in cui non si distingue più, il sapore della zucchina, da quello del pomodoro (a proposito di pomodori…!) tuttavia…

LSD Sinestesia letteraria

Tuttavia…la forma della sostanza che ho nel cervello è quella che mi accingo a proporvi…prendere o lasciare.

Obiettivo
In ogni caso, se avrete la pazienza di leggere lo scritto che vi sottopongo, vi dimostrerò inconfutabilmente come, solo un Dickoglionito, possa scorgere i macroscopici fenomeni di Dickoglionimento che da anni giungono sulla terra attraverso la letteratura.

lu_il_procedere_i_ching Lü – Il procedere

Cominciamo.
Ho da poco aperto una pagina a caso del “Libro dei mutamenti”...l' I Ching.
Mi si è aperto alla pagina del simbolo Lü – Il procedere:
“Il procedere significa da un lato il giusto modo di comportarsi. Sopra è il cielo, il padre, sotto è il lago, la figlia minore. Ciò mostra la differenza tra superiore e inferiore, base del giusto comportamento nella società. D'altra parte, in cinese, la parola [Lü] significa letteralmente: “posare il piede su qualche cosa”.
Il piccolo, “sereno”, monta sul grande, “forte”. [...] Che il debole prenda piede sul forte non è pericoloso, perché avviene serenamente, senza presunzione, così che il forte non si irrita e bonariamente lascia fare”.
Vediamo un po', io, in questo caso, sarei il lago,...la figlia minore: posso essere sereno.
Chi è, invece, il cielo? Chi è il padre su cui mi accingo, serenamente, a porre il piede sul capo?

Aspettate...aspettate, prima dobbiamo parlare delle coincidenze!


PRIMA INTERFERENZA

[...]
(al diavolo le eccedenze, poeti
Le care eccedenze, le assenze anche,
i passeri di tristezza, i rapimenti
i pendoli fermi, i voli mozzi, i sigilli
le care figure accostate al silenzio
gli addentellati, i germogli, gli abbagli…
al diavolo, al diavolo…)

[...]
FINE PRIMA INTERFERENZA

da "FATE FOGLI DI POESIA, POETI ", manifesto poetico di Antonio L. Verri


passeri di tristezza
"Passeri di tristezza"

nani_giganti Nani e giganti

Prima di aprire l'”I Ching” per domandargli un consiglio sul da farsi, ero stato turbato dalla lettura di un interessantissimo libro di Matei Calinescu dal titolo “L’idea di modernità”, che trattava della questione degli antichi e dei moderni e quindi, ovviamente, di “nani e giganti”.

“Siamo nani sulle spalle di giganti”...
...questo modo di dire mi perseguita da almeno due mesi.
Sono più autorevoli le idee degli antichi o quelle dei moderni?

Ritornerò sull'argomento, ma, al momento, vorrei limitarmi alla seguente domanda.

Chi sono gli antichi?
e quindi...
...chi sono i moderni?

Ci sono due letture della questione:

la prima, che possiamo far risalire a Bernardo di Chartres e Giovanni di Salisbury, vede gli antichi come gli uomini che ci hanno preceduto in virtù del fatto che sono vissuti nell'antichità: essi sono i veri saggi.

la seconda interpretazione, che si deve a Francesco Bacone, afferma invece, che gli antichi siamo noi contemporanei, in virtù del fatto che abbiamo più esperienza ed autorevolezza dei pensatori nati, ad esempio 2500 anni fa.

Quindi, io sarei un ”antico” e Aristotele sarebbe un moderno.

Io sono la figlia, sono il lago, sono l’antico.

Alla fine, sia nel caso che io sia un “nano sulle spalle di un gigante”, sia nel caso che io sussista come un “gigante sulle spalle di un nano”:
sta di fatto che riesco a vedere più lontano di chi mi ha preceduto.

Io sono la figlia, sono il lago, sono l’antico: devo vedere lontano… ma senza presunzione (come dice l’I Ching).

sono_il_lago Io sono il lago

Nei “tempi moderni”, se voglio imparare tutto quello che c’è da sapere sul pomodoro (un esempio a caso!), mi faccio un giro su wikipedia, poi metto la parola “pomodoro” su google e infine mi vesto per bene e vado in biblioteca…sino a Torino!
…ma io c’ho Internet e c’ho il treno…Aristotele al massimo si faceva una chiacchierata con Platone.

mattioli
Pietro Andrea Mattioli

L’imbroglio: la visita in biblioteca

Ecco l’azione... dunque.
Dopo essermi spacciato per un ricercatore ed essermi fatto consegnare un antico testo del 1555.
Dopo aver aspettato che il signore che mi aveva accompagnato se ne fosse andato a fumare una sigaretta, ho estratto la mia cara macchinetta fotografica digitale ed ho scattato, di nascosto, la foto che potete vedere qui sotto.

Facciamo un altro mezzo passo indietro.

Il libro in questione è il “Medici Senensis Commentarii”, un testo del 1554-55 di Pietro Andrea Mattioli che, utilizzando l’inciso “…vulgo appellantur POMI d’oro, hoc est, mala aurea”, introduce per primo, nei testi scritti, la parola “pomodoro”.

malaaurea2 “…vulgo appellantur POMI d’oro, hoc est, mala aurea”, da “Medici Senensis Commentarii” di P.A. Mattioli

La pianta del pomodoro è, invece, originaria del Sudamerica ed arrivò in Europa, intorno al 1540, ovviamente, dopo il viaggio di Cristoforo Colombo (1492).

Pomodoro…1540... stampatevelo bene nella memoria!
…chiudiamo, per il momento con i pomodori, ci ritorneremo.

SECONDA INTERFERENZA

disprezzate i nuovi eroi, poeti
cacciateli nelle secche del mio gazebo oblungo
(ricco di umori malandrini, così ben fatto!)
Fatevi anche voi un gazebo oblungo
Chiudeteci le loro parole di merda
I loro umori, i loro figli, il denaro
Il broncio delle loro donne, le loro albe livide.

FINE SECONDA INTERFERENZA

da "FATE FOGLI DI POESIA, POETI ", manifesto poetico di Antonio L. Verri

broncio
"...il broncio delle loro donne"

A proposito di “albe livide"…
Siete mai stati ad Otranto?
Avete mai letto un romanzo storico ambientato ad Otranto?
Siete sicuri che fosse un romanzo storico?

Prossimamente leggerò “The castle of Otranto” di Horace Walpole, poi, proverò anche con “Otranto” di Cotroneo (forse… non vi assicuro nulla), ma, nel frattempo, ho letto L’ora di tutti di Maria Corti.
Il romanzo della Corti è ambientato, appunto, ad Otranto, nei giorni in cui i “Turchi”, dopo aver cinto d’assedio i bastioni per quindici giorni, riuscirono a vincere le resistenze degli otrantini ed entrare nella città.
Tutto questo avvenne nell’estate del 1480 (ricordate…1480).
"L'ora di tutti", è un romanzo importante, uno di quelli che dovete assolutamente leggere se volete essere partecipi della "retorica salentina" venduta a 2 euro al kilo: sole, mare, vento, pizzica, tradizioni,tarante e..."si stava meglio quando si stava peggio".
Se invece vi interessa l'arte, non dovete andare in libreria, ma farvi un giro nelle bancarelle di libri usati sperando di trovare qualche vecchia copia usata di un qualunque Verri o di un qualsiasi Toma.

giuramento Patti e giuramenti

Il patto con il lettore
Prendendo in mano il romanzo “L’ora di tutti”, forse non lo sapete, ma ho stipulato un patto con l’autore, ho fatto un giuramento.

Ho giurato, più o meno, così:
“caro autore, fintantoché il libro da te scritto rimane aperto sulle mie ginocchia, giuro di credere incondizionatamente a quello che dici, purché tu, autore, prometti di rispettare alcune regole di coerenza logica”.

A proposito di patto con il lettore, segnalo l’interessante dibattito che è nato intorno al libro “Gomorra” di Roberto Saviano sulla questione dei generi della letteratura (fiction o non-fiction…questo è il problema).
Ahimè, anche qui, sotto sotto, stiamo parlando di generi letterari.

Quando ho sottoscritto il suddetto patto con l’autore, avevo la legittima aspettativa che “L’ora di tutti” fosse un romanzo storico.
Oltretutto, l’autrice era una autorevole filologa e semiologa.

Ermeneutica del con-testo
Alla luce di tutte le premesse, le esperienze e le letture, vediamo, finalmente, cosa c’è nel testo di Maria Corti(che vi consiglio di leggere).
L’edizione a cui faccio riferimento è quella edita da Bompiani nei “Tascabili”, stampata nel Luglio 2005.

Veniamo ai segnali di “Dickoglionimento”

A pagina 28 si trova:

“Al vespro, nell’ora che il sole scendeva dalle terrazze, ricomparve l’araldo dei turchi: “Quello viene a morire,” io pensai fra me, il che accadde per mano di Pieri di San Pietro, che lo uccise dalle mura con un colpo di balestra. Il sole all’orizzonte toccò le acque, e subito il mare, al voltare della marea, si calmò, era l’ora che tutte le sere, prima di quella le nostra donne andavano cercando sull’acqua una barca e le più giovani, sedute sugli scalini delle case, cominciavano a cantare”.

Cari vecchi “poeti laureati” che, quando affermo la mia passione (tra le altre) per l’avantpop letterario, storcete il naso…
...avete appena assistito ad un tramonto sul mare di Otranto!
Vi piace?
Bene, ma non recatevi ad Otranto alla ricerca di simili "idilliaci quadretti" romantici…rimarreste delusi: il sole tramonta ad occidente!

italia_ora_di_tutti
...il tramonto ad Otranto

alieni
...alieni ad Otranto

Ma andiamo avanti
A pagina 67:

“…la finestra di sinistra, sulla quale ancora s’affacciava un vaso di basilico, reggendo l’odore delle foglie, che era odore di ragù, di pesce a salsa”

e, soprattutto… a pagina 70

“La notte poi, uno sconquasso, tanto che al mattino mi metteva nausea la frisella d’orzo con origano e pomodoro…”

Il pomodoro?
Nel 1480?
A Otranto?
E gli alieni?
Quando arrivano gli alieni a salvare gli otrantini dalle armate turche?

Tralasciamo poi il fatto che a pagina 69, Assunta, moglie di Cola,“…coglieva capperi nel bosco”.
I famosi “capperi di bosco”?
E che sono fragole?

Penso che, a questo punto, abbiate capito quali siano stati i motivi che mi hanno portato sino alla biblioteca torinese per documentarmi sul pomodoro.

In conclusione,
con molta umiltà (nonostante il tono che ho sostenuto fin qui), vi chiedo:

Chi era il “referee” dell’editore che per primo si è letto la bozza del libro in questione? Chi ha fatto l’editing?
Come mai, nei 40 di vita di questo libro, nessuno si è mai accorto che il sole tramonta ad occidente?
O forse sarebbe meglio dire: “perché nessuno si è mai permesso” di far notare gli anacronismi”?

Probabilmente non esiste una colpa imputabile ad alcun essere umano, si tratta della maledizione di Casole:
chi scrive sull’argomento “Otranto-Turchi”, inesorabilmente mette il piede in fallo.
Anche Raffaele Gorgoni nel suo libro “Lo scriba di Casole” fece dire ad un monaco amanuense che quel certo “carattere calligrafico” non era “alla moda”.
E che…
...il concetto di “essere alla moda” esisteva nel XV secolo?

inginocchiati2
...inginocchiati al cospetto...

artisti beoni
...artisti beoni

INTERRUZIONE FINALE

Fatevi disprezzare, dissentite quanto potete
Fatevi un gazebo oblungo, amate
Gli sciocchi artisti beoni, i buffoni
Le loro rivolte senza senso
Le tenerezze di morte, i cieli di prugna
Le assolutezze, i desideri di volare, le risorse del corpo
I misteri di donna Catena.
Fate fogli di poesia, poeti,
vendeteli per poche lire!

da "FATE FOGLI DI POESIA, POETI ", manifesto poetico di Antonio L. Verri

…ma attenti a quello che scrivete…poeti!

 

Massimo Albanese (M@zz)

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16 commenti:

  1. Si tratta di un orizzonte di eventi, quello che ruota attorno a Casole o Otranto o tutto il Salento (e quindi attorno a Toma, Ruggeri, Verri, Corti, Bene, Gorgoni), editoriali-contenutistici-tipografici avvolti da un alone di "maledizione". Non si tratta di permettersi o meno di segnalare il titivillus di turno, ma si tratta di stare al gioco di una dimensione ontologica e fenomenologica di quelle latitudini che fanno del dimenticare e tacere la loro ragion d'essere

    Stefano Donno

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  2. Lessi il libro (L'ora di tutti) un po' di anni fa,annotando nell'ultima pagine alcune incongruenze,quando tornerò a casa andrò a ricercarmelo. Notai anch'io il fatto del tramonto a est e soprattutto la presenza scenica dei pomodori nel 1480(!!)...e la risposta tutto sommato è: ma chi se ne frega! Si possono fare dei libri gli usi più disparati che si vogliono, credo che questo sia nel diritto di ogni lettore. E anche questo può essere un ottimo esempio di come il libro non "si faccia" soltanto nel momento della scrittura, ma si riscrive anche nel momento della lettura. Voglio dire, se in me prevale il godimento estetico della narrazione, posso anche sorvolare su dei dettagli che stridono con la mia logica(e cultura e capacità: devo conoscere la data di introduzione del pomodoro in Europa, devo calarmi nella fiction narrativa, fare una comparazione,ecc.) Del resto, non dimentichiamolo, questo non è un saggio storico, non ha la pretesa di esserlo. E' un romanzo storico con dei dettagli anacronistici, ma per me rimane sempre un romanzo.
    1)capperi di bosco: dato che non siamo nella Foresta Nera, "bosco" si intende come iperonimo di "macchia mediterranea", quindi cappero di macchia: (ecco che ritorna l'ermeneutica correttiva del lettore :P)
    2) il concetto di "essere alla moda": anche qua,penso che Gorgoni abbia voluto esplicitare (con parole moderne) un concetto che all'epoca esisteva (un concetto quindi antico), e cioé che gli amanuensi sapevano benissimo quale stile calligrafico era ricorrente e standard ("alla moda, della media") e quale no. Non per niente chiamarono barbaro il carattere gotico, che per loro doveva essere una sorta di Gaultier incomprensibile :P

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  3. premetto che non so dove mi trovo.

    metto che è un bel post(o) e sicuramente è stimolante come altre belle letture.

    post-metto che devo aggiornare la libreria con i citati volumi.

    ...quando il commento è lasciare un segno del passaggio.
    tornerò.

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  4. Prima di tutto, grazie per essere stati al gioco... che giocare è per persone serie!
    E grazie per aver riflettuto sulle mie e sulle vostre parole.
    Tuttavia, come disse Totti "...sono pienamente d'accordo a metà" con quello che avete scritto.
    Concordo sul fatto che, di norma, errori come quelli segnalati, non aggiungono né tolgono nulla ad un'opera.
    Tuttavia non ritengo che non vadano analizzati: possono fornirci molte informazioni.
    Non si tratta di un "titivillus" (demone dispettoso che faceva commettere ai copisti errori di trascrizione) ma di parapraxis (lapsus freudiano).
    Guarda caso, la Corti commette gli errori su "stereotipi romantici" che, nell'immaginario rappresentano il "Sud"...il Salento.
    Il tramonto: e che, può non esserci un bel tramonto sul mare a Otranto?
    Il "pomodoro": e che...un uomo del sud pùo non amare il pomodoro?
    E' un peccato veniale che, tuttavia, la pone, artisticamente, su di un livello diverso dai vari Toma, Verri, Bodini che, invece, riescono a decostruire gli stereotipi (Bodini) o a superarli con una "cosmopoliticità" che rappresenta la vera "cifra" dell'artista salentino.
    Tutto il post che vi siete letti, rappresenta un dialogo tra l'estetica di Verri e quella della Corti.
    Metterli sullo stesso piano...secondo un umile lettore...non è giusto.

    M@zz

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  5. Ecco io ora, a quest'ora, ecco ragazzi, io ora, a quest'ora, mentre la Epson stampa lentissimamente la roba che deve stampare, ecco ragazzi io resto a bocca aperta di fronte all'erudizione di Massimo e ovviamente non lo dico con tono ironico ma oggi è stata giornata di ammirazioni (ho molto ammirato un mio vecchio amico che è diventato medico espertissimo, per dire): la qual si conclude con ancora un'ammirazione per il tone insieme lieve, acre, sarcastico, colto che Massimo riesce a imprimere in questi saggetti. Ecco io credo che un uomo come Massimo, in un mondo più giusto, occuperebbe prestigiosi postazioni (chessò: direttore di teatro, così per dirne una), ammesso che non ne occupi già una (so nulla del Massimo-uomo, io, del resto). Quanto al libro, l'ho già detto allo stesso estensore: non l'ho letto e non mi piace. Nel senso che non mi interessa. Non per il momento. Con tutto quel che c'è da leggere, non mi sognerei mai di spendere neppure 5 o 6 ore per la pur ottima (immagino) Corti. Contento, vado ora a letto. Non dopo aver segnalato questo blog fra i preferiti, ed averlo raccomdnato a quei quattro gatti dei visitatori del mio blogghetto.
    livio romano

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  6. allora massimo, bel post! però, però... ti segnalo che totti non ha mai detto quella frase. era gigi garzya, legnoso terzino destro - credo originario di surbo - che militò anche nella roma del "principe" beppe giannini.
    firmato ""l'allenatore"".
    salvatore bruno.

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  7. Caro Salvatore, leggendo le risposte al mio post mi viene da dire che Totti è iperonimo di calciatore.
    Altri commenti a questa prossima notte...si va a lavorare (non in teatro).
    M@zz

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  8. Complimenti per l'arguzia di Massimo come lettore e anche per lo stile nell'esporre le sue tesi. Però la letteratura è sicuramente piena di refusi, contraddizioni, inesattezze e anche assolute scempiaggini storiche, ma questo non toglie nulla alla narrazione, anzi probabilmente aggiunge qualcosa a beneficio di quei lettori attenti, informati e curiosi che hanno la possibilità di esercitare il loro spirito critico.
    Ben vengano certe segnalazioni che servono a farci capire come è facile cadere vittime di certi errori, ma dal punto di vista letterario non ne farei un caso.
    Pasquale Chirivì

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  9. Be...poi fatemi sapere se vi piace questo nuovo modo di gestire i link

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  10. fichissimo il mouse che passa e si apre il video,non fosse che io quelvideo lo ODIO! ero in un cesso di roma, mi intervistava un tipo dopo una presentazione bruttarella, potessi farlo, lo toglierei da youtube... intanto, ehm,lo togli tu caro??? hugs.
    livio romano

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  11. ho letto con attenzione.
    Forse però devo leggere altro del tuo blog.
    (interessante)

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  12. ...ti ho risposto alla mail...complimenti per il blog...
    A presto.

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  13. Volevo segnalarvi, l'eventualità che, effettivamente, ci possa essere un tramonto sul mare di Otranto.
    Dobbiamo ringraziare l'intelligenza di Paolo Rumiz:
    "Tramonta la luna sul Salento, il tacco d'Italia. LA radio dice che anche stanotte, tra il faro di Sant'Andrea e quello di Otranto, sono arrivati scafisti con i clandestini dell'altro mondo. Ottanta, forse cento. L'auto vibra nel vento forte in mezzo alle ombre delle vigne chiamate Negramaro. Il Salento non ha montagne, scirocco e tramontana lo spazzano brutalmente. "

    Allora... tutto si può fare.

    M@zz

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  14. M@zz fa l'editor? Comunque lo dovrebbe fare. Non so se gli svarioni della Corti siano stati notati e passati sotto silenzio oppure non se ne era mai accorto nessuno. Forse, visto che l'autrice non può più ribattere, sarebbe il caso di segnalare questa pagina all'editore.
    Per il resto, al di là degli errori, L'ora di tutti rimane un romanzo godibilissimo.
    silviodulivo

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  15. interessante, preciso, arguto. è stato un piacere leggerti. per il resto io amo l'errore è così UMANO. scriveva un pazzo di nome Leandro: quando finisce una canzone ti rimane dentro la melodia.
    Le parole viaggiano fra le cose. Le cose viaggiano fra le parole. Il visibile viaggia nell'invisibile. Il senso viaggia nelle immagini. L’esistenza non è altro che viaggio. Il viaggio dell'uomo si esprime attraverso la lingua, svelando una data conoscenza attraverso una data immagine. Il livello della conoscenza si trasforma subito in un velo perché la cosa sconosciuta di per sé non è mai statica, ma è in perpetuo cambiamento. Quindi la nostra conoscenza della cosa dovrebbe anch'essa cambiare continuamente. Nella poetica araba, "la lettera" e la "parola" sono chiamate "velo". Ciò avviene perché il significato o la verità è in ciò che è dietro la lettera. La "parola" non potrà mai esaurire la cosa, per questo la "parola" deve cambiare in continuazione, altrimenti essa cade nell'inerzia diventando una specie di "velo" pietrificato sulla cosa stessa.
    Il velo è esattamente ciò che fa del viaggio-ricerca la prima domanda esistenziale, quella che rende il significato - o ciò che chiamiamo " verità" - una luce che non smette di brillare sino alla fine del cammino; ma la fine è irraggiungibile poiché il cammino è infinito.
    La conoscenza di questo velo tessuto dal viaggio nello spazio dell'esistenza e della conoscenza, è la condizione fondamentale dello "svelamento". Chi riconosce questo velo perfettamente è il solo a non smettere mai di svelare, il solo ad essere sempre sul punto di scoprire. Fermarsi all'immagine delle cose è nasconderne il senso. La conoscenza non è cercare rifugio all'ombra delle immagini, ma è stracciarle. La bellezza non è riflesso, ma nascita.
    Non c'è potenza, al di là della poesia, che riveli sempre che l'uomo è un essere in viaggio, abitato da un lampo di verità nello sguardo. Il viaggio della poesia è quello più ricco e più profondo verso l'uomo, verso la conoscenza, la verità e la bellezza, poiché è un viaggio che sta fra la morte e la resurrezione, un viaggio che non ha limiti fra l'immagine e il senso, fra le realtà visibili e quelle invisibili.
    Per descrivere la relazione fra poesia e verità, diciamo che le cose, non smettendo di cambiare esse stesse, non smettono di cambiare i rapporti fra loro e le parole, allora la verità espressa dalle parole sarà essa stessa in perpetuo cambiamento. La verità non deve essere cercata che al di fuori del mondo statico: quello del "credo", della "fede" e delle "certezze" e non va ricercata in una scienza che ne nega un'altra, o in una filosofia che nega un'altra filosofia, o in una religione che nega un'altra religione. La verità è errante; è in sé una forma di erranza. La poesia è l'incarnazione dell'errare per eccellenza. La visione della verità attraverso la lente della poesia, esige l'allontanamento da ogni lingua che pretenda di possedere la verità assoluta; esige di essere incessantemente ridefinita e di non essere mai considerata come se avesse raggiunto una fine, ma, al contrario, sempre aperta nel suo andare senza via e senza fine.

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  16. grazie Ambra, per il tuo interessante e fecondo commento...
    Proprio in questi giorni sono "impegnato"nella lettura di alcuni testi che trattano di neuroscienza...
    E' molto interessante come la "metafora", per l'essere umano, sia l'unico modo per reagire alla realtà:
    il bambino piccolo associa il calore (necessario alla vita) all'abbraccio.
    L'associazione si cristallizza e diventa stabile. L'abbraccio diventa metafora, sta per qualcosa d'altro.
    LA parola, credo, ri-rappresenta la metafora e, in questo senso, finisce con il nascondere la realtà.
    Tuttavia, e qui è il paradosso, l'unico modo che abbiamo per interagire con il mondo è nasconderlo, in qualche modo.
    Saremo troppo platonici!?

    Grazie ancora

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